Come aumentare la PdC senza variare il diaframma e la distanza di ripresa

Trattando della profondità di campo si è utilizzata la formula basata sulla distanza iperfocale che qui si riporta per comodità nella sua forma semplificata.

PdC = (f x f) : Nc

dove è :
f = focale utilizzata
N = diaframma impostato
c = circolo di confusione (qui assunto come pari a 0,02 mm.)

Pertanto, scattando una foto con focale di 50 mm a diaframma 11, si avrà :

PdC = (50 x 50) : (11 x 0,02) = 11.363,6 mm. = 11, 36 m.

Si ricordi, tuttavia, che la distanza del punto più prossimo a fuoco e di quello più lontano, a parità di iperfocale, sono determinati in modo determinante dalla distanza di messa fuoco essendo :
punto prossimo d = Hdv :(H + dv)
punto lontano D = Hdv : (H - dv)

dove è :
H = distanza iperfocale; dv = distanza di messa a fuoco

Ora, chiunque abbia qualche nozione di fotografia sa che per aumentare la PdC vengono indicati due accorgimenti :

1) chiusura del diaframma
2) riduzione della focale

Occorre tuttavia ricordare tre cose :
a) non sempre la chiusura del diaframma è sufficiente ad assicurarci la Pdc che ci occorre;
b) un diaframma più chiuso aumenta la PdC ma costringe a tempi di scatto più lunghi con rischio di mosso;
c) una focale più breve amplia il campo di ripresa e riduce le dimensioni del soggetto sul sensore, costringendo ad un taglio dell'immagine per ottenere la stessa inquadratura e, quindi, ad un maggiore ingrandimento in fase di stampa.

Vediamo qui un esempio pratico e la relativa tecnica di realizzazione , mentre, a seguire, saranno illustrate le accortezze da osservare ed alcune decisioni da assumere.

Supponiamo di fotografare un soggetto alto 30 cm da 1 m di distanza.

1° caso : utilizziamo una focale di 70 mm con diaframma 22

Avremo: g = f/(p - f ) = 70/(1000 - 70) = 70/930 = 0,0753 e

PdC = 11,36 m.

2° caso : focale di 35 mm diaframma 22

Avremo g = 35 : (1000 - 35) = 35 : 965 = 0,0363 e

Pdc = 5,57 m.

Naturalmente, per quanto precedentemente osservato, mentre nel primo caso il soggetto sarà riprodotto sul sensore ad una dimensione pari a 300 x 0,0753 = 22,59 mm, nel secondo caso sul sensore il soggetto avrà una dimensione di 300 x 0,0363 = 10,89 mm.

. Ne consegue che se si vuole ottenere la stessa inquadratura occorrerà "tagliare" l'immagine ottenuta con la focale da 35 mm.

Essendo il rapporto tra di due fattori di riproduzione pari a 0,0753 : 0,0363 = 2,074, per ottenere una stampa delle stesse dimensioni di quella ottenibile con la focale più lunga, sarà necessario un ingrandimento lineare più che doppio .

Ma raddoppiare i pixel su ciascuna linea significa quadruplicare i pixel totali.

Infatti, se ipotizziamo che 'il sensore sia da 3000 x 2000 pixel, per ottenere la stessa inquadratura realizzata con la focale d 70 mm. Il lato più lungo diverrà di 1446 pixel (3000 : 2,074). Di conseguenza, essendo il formato del sensore 3:2, il lato minore sarà di 964 pixel [(1446 x 2 ) : 3].
Il numero complessivo di pixel si ridurrà a 1.393.944 .
Solo 1,4 megapixel contro i 6 megapixel originari.

Intermini semplici, mentre l' immagine costituita da 3000 x 2000 pixel, consentirà di ottenere una stampa di 25 x 17 cm (a 300 pixel per pollice) con un ingrandimento 10x, quella ritagliata (1445 x 964) richiederà un ingrandimento 20,74x.

E' fin troppo ovvio che un maggiore ingrandimento farà peggiorare la qualità dell'immagine facendo decadere la qualità dei piani non collocati sul piano di messa a fuoco.
Ciò è dovuto al fatto che ogni pixel sarà riprodotto in dimensioni maggiori in quanto l'immagine ritagliata dispone di un minor numero di pixel.

Il "trucco" per ovviare a tale inconveniente consiste nell'incrementarne il numero dei pixel (processo di interpolazione).

Esistono vari programmi che consentono l'aggiunta (interpolazione) di pixel alla immagine originaria.
Oltre al ben noto Photoshop, si può citare l'assai economico Irfanview, che permette di ottenere risultati eccellenti ricorrendo al metodo Laczos.
Personalmente ritengo migliore Irfanvew rispetto al metodo Bicubica offerto da Photoshop.

E' appena il caso di osservare come l'interpolazione vada effettuata sulla immagine ritagliata in quanto il processo risulterà più rapido.

Il procedimento di interpolazione non presenta particolari difficoltà : occorre tuttavia procedere gradualmente incrementando il numero di pixel dell'immagine di un 20- 30% per volta.
Molta attenzione, viceversa, occorre fare nel ritagliare l'inquadratura originaria, più estesa: è' consigliabile copiare dall'immagine intera una sezione un poco più ampia per poi eliminare le parti che si vogliono escludere.
Naturalmente l'accuratezza di questa fase è strettamente legata al grado di precisione dell'inquadratura voluta.
N.B. Una importante avvertenza : nell'eseguire lo scatto con focale ridotta occorre fare particolare attenzione all'esposizione.
Una inquadratura ampia può venire ad includere zone con luminosità diversa da quella parte di immagine che costituirà l'inquadratura finale.
E' pertanto opportuno assicurarsi che l'esposizione dia risultati corretti per la parte che effettivamente interessa.
Col digitale, per soggetti fermi, sarebbe possibile fare un primo scatto inquadrando la sola zona desiderata e ripetere lo scatto con focale più corta riportando gli stessi valori esposimetrici (diaframma e tempo di scatto).
E' anche possibile correggere l'esposizione in postproduzione, ma non va dimenticato che questa soluzione consente buoni risultati entro limiti relativamente ristretti e, comunque, non permette mai di recuperare elementi fortemente sovra o sotto esposti.
Non si può quindi che insistere sulla importanza di ottenere una immagine correttamente esposta nella zona di effettivo interesse.

L'interpolazione è un "escamotage" che può essere utile anche per immagini non tagliate quando si voglia effettuare un ingrandimento particolarmente spinto.

Di seguito viene presentato un esempio realizzato con la tecnica sopra illustrata.

Le miniature presentate sono, nell'ordine :

a) immagine scattata con focale di 70 mm., diaframma 8 ad 1/30. Dimensioni 3008 x 2000.
b) immagine scattata con focale 35 mm., diaframma 8 ad 1/30. Dimensioni 3008 x 2000.
c) immagine ritagliata dalla seconda per ottenere la stessa inquadratura della prima immagine. Dimensioni 812 x 546 pixel.
d) ingrandimento della immagine ritagliata sino 3008 x 2000 pixel.

Ingrandiscixxx Ingrandiscixxx Ingrandiscixxx Ingrandisci

Cliccando sulle miniature è possibile vedere ciascuna immagine ingrandita.

Osservando le immagini si possono constatare due cose :

1) mentre la prima immagine presenta uno sfondo completamento sfocato, nella quarta lo sfondo risulta piuttosto leggibile.
2) La nitidezza della quarta immagine risulta non inferiore a quello della terza immagine(immagine ritagliata).

Si consideri infine che le immagini sono state scattate con un diaframma relativamente aperto (N = 8). L' eventuale utilizzo di un diaframma più chiuso (22 o 32) avrebbe ridotto la qualità dell'immagine e costretto all'uso di un tempo di scatto troppo lungo (almeno 1/4) od all'utilizzazione di un valore ISO elevato (non meno di 800) con perdita di qualità.

Qualcuno potrebbe obbiettare che la sfocatura dello sfondo che caratterizza la prima immagine mette in maggiore evidenza i fiori, mentre la quarta dà loro meno risalto proprio a causa della maggiore leggibilità dello sfondo.
L'osservazione è corretta, ma in ogni ripresa fotografica il fotografo è chiamato a scegliere quali piani mantenere leggibili ed in che misura.
E' questa una scelta espressiva del fotografo.
Qui si è voluto illustrare come accentuare la PdC nel caso lo si desideri.
Si tenga presente che il metodo illustrato apporta due vantaggi : a) consente una maggiore PdC;
b) non richiedendo una maggiore distanza di ripresa, lascia inalterata la prospettiva : vale a dire si ottiene la stessa immagine che si otterrebbe con una focale più lunga fermo restando il punto di ripresa.

Decisioni da assumere

Questa tecnica propone dei problemi pratici in merito ai quali occorre effetuare delle scelte: :
a) di quanto vogliamo aumentare la PdC
b) di quanto debbo ridurre la focale per avere la PdC desiderata ?
c) debbo variare la distanza di messa a fuoco ?

Al primo quesito è facile rispondere in quanto siamo noi a decidere l'estensione desiderata.
Il secondo quesito deve essere risolto facendo ricorso ad un calcolo.
Ricordiamo che la PdC è data dalla formula :
Pdc = (f x f) : Nc.
dove è :
f = focale
N = diaframma impostato
c = circolo di confusione (qui posto = 0,02 mm)

Si tenga ora presente che se si dimezza la focale la PdC si quadruplica.

Pertanto l'incremento della PdC sarà dato dal quadrato del rapporto tra focale originaria e focale ridotta.

In pratica se riduce la focale da 50 a 35 mm, l'incremento della PdC si otterrà con il seguente calcolo :
(50 : 35) x (50 : 35 ) = 1,428 x 1,1428 = 2,039
Pertanto, se con f = 50 mm. N =11 e c = 0,02 si aveva PdC = 11,36 m., con una focale di 35 sarà PdC = 11,36 x 2,039 = 23, 16 m.
E' poi facile stabilire, con le note formule il punto più prossimo e quello più lontano della PdC : formule, già sopra riportate, che qui si ripropongono .
punto prossimo d = Hdv :(H +dv)
punto lontano D = Hdv : (H - dv)
dove è :
H = distanza iperfocale;
dv = distanza di messa a fuoco

Il merito al terzo interrogativo, in linea di massima, si può dire che si può mantenere il punto di messa a fuoco precedentemente scelto.
In realtà questo metodo, estendendo la Pdc, consente, ove sia opportuno, di allontanare il punto di messa fuoco, precedentemente scelto, ovvero di avvicinarlo.
Questa possibilità appare assai interessante quando vi sia difficoltà ad ottenere una sufficiente nitidezza del primo piano, che è sempre l'elemento più critico.
Naturalmente una sua variazione suggerisce l'opportunità di ricalcolare le distanze d e D facendo ricorso alle formule appena ricordate.

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